domenica 7 giugno 2009

I due Trattati sul Governo (1690)

Il Secondo Trattato sul Governo di John Locke, pubblicato anonimo nel 1690, era stato probabilmente oggetto di un costante lavorio da parte dell’autore per tutto il decennio precedente, come stabilito nell’Introduzione alla sua edizione dell’opera da Peter Laslett, sulla cui traduzione italiana si basa la seguente lettura del Secondo Trattato. Da ciò è presumibile, pur non pregiudicando un ragionamento da parte dell'autore precedente la Gloriosa Rivoluzione – l’evento storico che rovesciò senza spargimenti di sangue la dinastia Stuart consegnando il trono inglese alla casata di Guglielmo III d’Orange – che Locke fosse stato perlomeno esposto all’influenza dell’evento in sé, e condizionatone nelle sue riflessioni in fase di pubblicazione. Il testo lockiano è a tutt'oggi considerato un manifesto di pensiero della Gloriosa Rivoluzione e dei suoi esiti storici.

In disaccordo con altri interpreti, Laslett ritiene la stesura del Secondo Trattato antecedente a quella del Primo, che potremmo considerare agilmente come la “teologia politica” di Locke. Esso è una polemica indirizzata all’opera Il Patriarca di Robert Filmer, nella quale si teorizza che avendo Dio conferito ad Adamo autorità paterna sul genere umano e proprietà su tutte le cose del mondo, tali prerogative, trasmesse da Adamo ai Patriarchi e da essi ai re d’Israele, siano la base su cui per diritto di trasmissione poggia la legittimità di ogni monarca di governare assolutisticamente il suo popolo.

Tramite una serrata critica del testo biblico, conosciuto anche nell’ originale ebraico, Locke dimostra che la paternità conferita da Dio ad Abramo non è una forma di diritto assoluto né tantomeno esiste un possesso esclusivo delle cose del mondo; inoltre, ogni figlio di Adamo, indipendentemente dalle prerogative particolari del progenitore, ne sarebbe stato legittimo erede, e nell’impossibilità assoluta di stabilire i diretti discendenti di Adamo tutti gli uomini sono dotati di pari diritti. Il punto fondamentale qui stabilito da Locke per gli sviluppi successivi del suo pensiero è che la comunicazione diretta tra Dio e gli uomini, se mai c’è stata, ora è interrotta; ed in questo spazio vuoto, desacralizzato, si sviluppa il pensiero contrattualistico, una concezione politica che non necessita più di alcuna intermediazione tra cielo e terra come era stata tradizionalmente quella pontificale.

Il punto in questione era già stato affrontato da Hobbes nella sua celebre opera Il Leviatano, laddove dimostrava, con un'abile esegesi biblica, che l'unico punto certo della dottrina cristiana, come appare in Matteo, 16,18, è che il Cristo è tale; e per il resto l'umanità non può avere altre certezze né tantomeno ulteriori diretti rapporti con Dio. In questo modo il punto caldo della polemica scatenata dal luteranismo in poi - quale sia la giusta forma di rapportarsi a Dio - viene a cadere; nella societas christiana la mediazione papale era infatti indispensabile, ma nella nuova società in cui così tante interpretazioni si affastellano non è possibile risolvere pacificamente la querelle a meno di lasciarla cadere; ed è proprio questo lo scopo prima di Hobbes e poi di Locke; rendere innocuo il dibattito religioso, processo che, dopo la diffusione dei lavori di Locke, si può praticamente considerare concluso.

Bibliografia essenziale:

Locke,J., An Essay Concerning the True Original, Extent, and End of Civil War (trad.it. Il Secondo Trattato sul governo, introd. Di Tito Magri, trad. di Anna Gialluca. Milano, BUR, 1998). La presente traduzione si basa sul testo inglese curato da Peter Laslett, Two Treaties of government , Cambridge, 1960, 1967

Due Trattati sul Governo, col Patriarca di Robert Filmer, a cura di L. Pareyson, Torino, UTET, 1982

Dunn, J., Il pensiero politico di John Locke,

Viano, C.A., Il pensiero politico di Locke, Roma-Bari, Laterza, 1997

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